Apparato di Bessel

identificativo: 328
data costruzione: 1859
dimensioni: barre: cm 3 x 0,8 x 380 : casse cm 19,5 x 16 x 396
stato conservazione: Buono
categoria: Rilevamento
parola chiave: Triangolazione

Costruito dal meccanico Ertel di Monaco, fu acquistato dall’Officio Topografico di Napoli, nel 1859, per iniziativa del professor Federigo Schiavoni, geodeta della prestigiosa istituzione meridionale. L’apparato venne impiegato nella determinazione delle basi di Napoli, Catania, del Crati, di Lecce e di Udine, dal 1859 al 1874. Nel 1878 fu poi adoperato per la misura della celebre base di Somma ed in quella di Ozieri, introducendo alcune modifiche agli accessori. Infine, nel 1895, lo stesso apparato venne impiegato per la misura della base di Piombino. Il longimetro era costituito da quattro spranghe di ferro battuto, ognuna delle quali lunga circa 3,80 m, larga 3 cm e spessa 0,8 cm. Su ciascuna di queste, fissata ad un solo estremo con due viti, era collocata una barra di zinco dello stesso spessore, ma di metà larghezza e di lunghezza inferiore, terminante con cunei d’acciaio, uno sporgente e l’altro retratto rispetto ai due estremi della spranga di ferro, che, sfruttando la differente dilatazione termica dei due metalli (ferro e zinco), consentivano di determinare l’allungamento o l’accorciamento della spranga di ferro al variare della temperatura di esercizio. Le quattro spranghe, al momento della misura, venivano collocate in allineamento e senza alcun contatto tra loro, per impedire contatti accidentali tra le spranghe e per non impedire la libera dilatazione dei metalli. Per poter misurare con la massima precisione del momento l’intervallo fra due successive spranghe, venivano adoperati dei cunei di cristallo (lunghi circa 165 mm, a sezione trapezoidale, graduati in 180 parti), posizionati verticalmente fra le estremità delle stesse spranghe, disponibili all’origine in numero di quattro ed incrementati di altri tre nel 1887. Ciascuna spranga è contenuta in una cassa di abete con quattro aperture: due agli estremi, per far sporgere le spranghe di misura, e le altre due sulla faccia superiore, rispettivamente, per la lettura del termometro e della livella. Le casse poggiavano ciascuna su due robusti cavalletti, che in sede di misura venivano ulteriormente stabilizzati con piattaforme da disporsi sul terreno e da pesi posizionati sulle traverse. Per allineare le spranghe, si usavano piccole mire da collocarsi sulle casse e mire più grandi da posizionarsi a terra; l’allineamento veniva controllato con un cannocchiale posizionato sulla cassa di coda o, come per la misura della base di piombino, con un teodolite. Per la materializzazione del punto a terra, originariamente effettuata con l’impiego di un filo a piombo protetto da un cilindro di cristallo contro le azioni del vento, venne introdotto, in analogia con quanto già realizzato dal p. Angelo Secchi nella misura della base geodetica dell’Appia antica, nel 1878 un microscopio verticale, che consentiva di allineare il punto al suolo con l’estremità della spranga, successivamente sostituito dal plesiotelescopio ideato dal prof. Nicodemo Jadanza. Nel suo complesso, l’apparato era costituito da una cassa con spranghe ed accessori, cunei di cristallo, un apparecchio per il punto a terra, dispositivi per l’allineamento ed un plesiotelescopio Jadanza. .